Psicologo Clinico e Psicoterapeuta, A.O.U. San Luigi Gonzaga (Torino)
Psicologa e Psicoterapeuta, A.O.U. Città della Salute e della Scienza (Torino)
Viaggiare e vivere delle esperienze lontano da casa è possibile con la Fibrosi Cistica?
Viaggiare e spostarsi per chi ha la FC non solo è possibile, è auspicabile. Certo, lontano da casa, ma con strategie adeguate: è importante innanzitutto pianificare ad hoc. In linea di massima, proprio perché il Covid-19 quest’anno ce l’ha insegnato, è possibile utilizzare tutti i mezzi di trasporto, seppur con le precauzioni del caso e lasciandoci consigliare, come ad esempio evitando l’esposizione al caldo eccessivo per lunghi periodi in viaggi in auto e treni non correttamente condizionati. Come per qualsiasi viaggio, il pianificarlo è già l’inizio dell’avventura. Alcune regole diventano dunque fondamentali, per non trasformare un’esperienza divertente e piacevole in un vero e proprio incubo. Considerare qual è la meta prescelta, se una vacanza, o una gita, o uno spostamento per studio e/o per lavoro; per quanto tempo è previsto il soggiorno, se da soli o accompagnati, oltre a quali norme igienico-comportamentali consigliate e da seguire. Inoltre, quali condizioni climatiche si incontreranno dove ci si reca, tenendo in considerazione il rischio di imprevisti, dunque, anche quale l’assistenza sanitaria possibile in loco e il Centro di Riferimento FC più vicino o accessibile. Proprio perché, come si dice, “faber est suae quisque fortunae” (tradotto letteralmente, “Ciascuno è artefice della propria sorte”), meglio sapere, organizzare e non utilizzare, che non sapere, non aver organizzato e arrancare “ovviando su un’urgenza”!
- Cosa metto in valigia?
Il necessario di vestiario, un ombrello, il farmaco utilizzabile in caso di riacutizzazione, un po’ di spazio per l’acquisto degli eventuali souvenir e una relazione clinica aggiornata con la terapia assunta sia in italiano sia, se siamo fuori Italia, in inglese. Quest’ultima dovrebbe essere breve, ma dettagliata, mentre il piano terapeutico deve riportare i nomi dei principi attivi e i dosaggi e le eventuali allergie. Perché? Perché non dovremo, così, spiegare nulla con il rischio di essere già “impanicati”, perché non stiamo bene e lo specialista che eventualmente ci incontrerà avrà tutte le informazioni utili e necessarie su di noi! Da ricordare, inoltre, che per il trasporto dei medicinali in aeroporto, nel bagaglio a mano (dove è meglio inserire i farmaci fondamentali, insieme a un cambio di indumenti, per non avere problemi nel caso dovessero perdere la nostra valigia o tardassero a riconsegnarla!) serve una lettera di accompagnamento emessa dal Centro di cura, con indicata la data recente e l’elenco della farmacoterapia trasportata. È importante ricordare di portare con sé una scorta di tutte le medicine assunte e i presidi terapeutici necessari. Naturalmente, tutto dipende sempre dal numero di giorni complessivi del viaggio e dal posto in cui ci recheremo (valutare la reperibilità dei farmaci!).
Partire preparati fa sentire e percepire una buona capacità organizzativa e di controllo della situazione, rendendo ‘meno inquinato’ da interferenze emotive – proprie e altrui – di preoccupazione il momento di viaggio, svago e spostamento.
- Viaggiare: TO DO, ma anche TO BE...
Pianificare non significa “snaturare” il viaggio dalla libertà e dalla spensieratezza, bensì connaturare l’esperienza di “adultità”. Ognuno di noi deve imparare, anche tramite le prime esperienze, a fronteggiare e gestire “il nuovo”. Il senso di responsabilità individuale e di efficacia si accrescono proprio tramite queste esperienze e coadiuvano l’acquisizione di un buon senso di identità e di sicurezza. Il to do diventa skill e saper fare, quindi to be: essere ed esserci!
Questo non significa “artificiare” l’esperienza, ma ricordare che, anche nel caso di forme lievi di malattia, la persona, oltre a sapersi curare da sola in fase di stabilità, non deve interrompere le cure e anche saper affrontare una riacutizzazione o una complicanza lontano da casa. Sapere quando cercare aiuto e a chi fare riferimento in caso di necessità diventa dunque una competenza. Occorre poi sapere rimandare il viaggio se si è in fase di riacutizzazione, o si presenta un problema di salute nuovo, o un problema non chiarito. Come ovviare? Come ci si prepara per un impegno importante? Ci si prepara, appunto. Non trascurarsi prima, anzi, intensificare per giungere alla partenza “giustamente allenati” rappresenta una buona strategia, soprattutto nei mesi in cui le sindromi influenzali sono già più presenti, dunque in grado di aumentare la probabilità di ammalarsi e/o riacutizzarsi. È importante mettere al corrente dei tuoi progetti i curanti, in modo che possano aiutarti con la stesura in lingua della relazione clinica e, se possibile, ti agevolino nelle cure quotidiane (esempio: posso sostituire per qualche giorno gli aerosol con i puff, che sono più pratici e veloci?)
- Oltre alla valigia, cosa devo prendere in considerazione?
Saper valutare con oggettività quali siano le condizioni di salute personali è importante, ma lo è anche la propria destrezza di viaggiatore. Diventa fondamentale, all’estero, sapere quali lingue conosco e “so parlare”, qual è l’abitudine al viaggio, ovvero il tipo di viaggio a me abituale o da programmare, da solo o in compagnia ad esempio, per studio, per svago o lavoro? Naturalmente, oltre a conoscere il proprio tipo di alimentazione e le terapie abitualmente assunte.
- Ci sono esperienze che NON posso fare?
A prescindere? Assolutamente no! Occorre avere consapevolezza di sé e saper anche valutare come si affrontano le situazioni nuove, come si gestiscono le difficoltà e, magari, mettersi alla prova con gradualità programmando, via via nel tempo, viaggi e modalità di viaggiare differenti, ma compatibili con la propria persona.
- Sarò in grado di gestirmi? Ce la farò? Se mi sento, ad esempio, preoccupato?
È importante andare per gradi e, a seconda dell’età, sperimentarsi e mettersi alla prova, fare gradualmente esperienze sempre più fuori casa: un week end da un’amica, una gita scolastica e poi una settimana al mare con gli amici, un viaggio studio, un’esperienza di lavoro all’estero. Questa gradualità serve per farci capire se siamo autonomi, se possiamo fidarci di noi stessi e se siamo in grado di stare bene con gli altri senza trascurare la nostra salute.
Ogni emozione è normale e fisiologica, quindi giusta. Verbalizzare le proprie emozioni, e la preoccupazione o la paura, è già un modo sia per affrontarle, sia per gestirle oltre che comprenderle naturalmente. Parlare delle preoccupazioni, delle paure e delle ansie rispetto a viaggi e spostamenti, all’essere lontani da casa, è sano, normale e quasi ‘indicato’ anche perché è uno step di vita che ogni persona deve affrontare, quindi potrai ricevere anche dei consigli in base alle esperienze fatte da altri prima delle tue.
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