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Un nuovo approccio alla realtà.

Baby Boomer, Generazione X, Millennials, Generazione Z, in ultimo, la Generazione Alpha: cinque generazioni, diversi “modi” di stare al mondo.

Cosa si intende con il termine “Generazione Z”? Vi fanno parte i nati tra la fine degli anni ’90 ed il 2010, coloro che sono cresciuti con i dispositivi digitali e in un mondo “sempre connesso”, influenzati come non mai sulla modalità di comunicare con l’altro nonché di approcciarsi all’altro.

Caratteristiche principali dei nativi digitali

Uno degli aspetti distintivi della Generazione Z è la loro attitudine verso il lavoro. Sono in genere ambiziosi e orientati al successo, desiderosi di guadagnare molto e condurre uno stile di vita agiato.
È presente una prepotente inclinazione verso l’individualismo. Per loro il successo è spesso misurato dalla realizzazione personale e professionale. Preferiscono l’utilizzo delle chat, caratterizzate da rapidità e velocità, al posto delle telefonate, i meeting online al posto delle ‘convenzionali’ sale riunioni. Sono tolleranti, non violenti e favorevoli all’inclusività, e prestano grande attenzione alle questioni sociali e all’uguaglianza. Sono attenti ai diritti LGBTQ+, all’ambiente e al cambiamento climatico. Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, afferma: “La Generazione Z viene bollata come ‘pigra’ sulla base di pregiudizi, è invece il 29% più ambiziosa e desiderosa di guadagnare della generazione precedente”.

La costante esposizione al mondo digitale ha portato ad un aumento dei casi di ansia, depressione e solitudine. Si aggiungono inoltre la pressione derivante dalla necessità di mantenere una presenza online perfetta h24 e la necessità di confrontarsi continuamente con gli altri. Tutto ciò può generare sentimenti di invidia, alimentando l’esigenza di emulare standard irraggiungibili e provocando, di conseguenza, frustrazione, sentimenti di inferiorità e scarsa autostima. Le pressioni accademiche, l’instabilità economica, l’impatto della pandemia e il lungo periodo di isolamento sociale hanno profondamente influenzato il benessere emotivo di questi giovani.
Un termine spesso associato alla Generazione Z è la “depressione da FOMO” (Fear of Missing Out), che si riferisce alla paura di perdersi qualcosa sui social media o nella vita in generale.

Un rischio da arginare: il disturbo mentale come oggetto di fascinazione.


Questa non è solo l’epoca in cui il numero di persone con disturbi mentali ha raggiunto livelli mai toccati prima. È anche l’epoca in cui di disturbi mentali si parla più che mai. Secondo il 72% dei 3.330 partecipanti a un sondaggio del Corriere della Sera con ScuolaZoo (community dedicata alla generazione Z), rispetto a pochi anni fa, di psicoterapia e salute mentale si parla soprattutto sui social, che pure rappresentano uno dei principali responsabili dell’aumento dei disturbi mentali, in particolare tra i giovanissimi.
Su TikTok ad agosto l’hashtag #mentalhealth aveva 42 miliardi di visualizzazioni, su Instagram contava 41 milioni di post. Cifre enormi, in continua crescita.

Sul web purtroppo emergono anche le derive più inquietanti, come racconta Francesca Picozzi, psicologa clinica che ha aperto un account sui Social durante il lockdown: «Si trovano video di ragazze che si mostrano prima e dopo aver assunto determinati farmaci [psicotropi] che fanno prendere peso: può succedere che chi li vede decida di non sottoporsi alla cura. In altri video utenti per lo più molto giovani elencano i disturbi mentali che hanno o reputano di avere», come a rispondere ad un bisogno di appartenenza. La sofferenza psichica finisce così per essere romanticizzata, diventando addirittura oggetto di fascinazione. A volte etichettarsi un disturbo fa quasi figo, prosegue Picozzi.

Ecco le due facce della stessa medaglia: si parla di più ed in maniera meno stigmatizzante dei disturbi mentali. Bene; ma chi ne parla? Come e quanto?

L’avvento dei vari social media ha sicuramente portato con sé molti vantaggi nell’ambito della cronicità. La possibilità di rimanere “connesso” col mondo quando la salute non lo permette, per periodi più o meno significativi è sicuramente un valore aggiunto.

Videochiamate, chat di gruppo, siti Internet e DAD sono state fonti preziose scoperte/rivalutate nel lockdown e poi via via rivisitate e riviste nei vari ambiti lavorativi, di studio e/o di tempo libero. Si pensi anche alla Telemedicina, alla possibilità di rimanere in contatto con i curanti, inviare/ricevere dati e informazioni cliniche seppur lontani dal Centro o impossibilitati negli spostamenti.

Da un punto di vista psicologico-emotivo è importante che le situazioni vengano sempre modulate in base alle necessità: familiari, di coppia, lavorative o di studio.
Facciamo un esempio: la Didattica a Distanza è stata una strategia fondamentale, se non che unica possibilità di procedere col percorso di studi in un momento di emergenza sanitaria, iniziato come tutti ricordiamo, nel marzo 2020.
Il 5 Maggio 2023 l’organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato finita l’emergenza sanitaria; ma alcune famiglie, pur di tutelare la salute di giovani pazienti, hanno chiesto di poter procedere ugualmente con quella modalità. Qui è importante aprire una riflessione: ogni situazione è singolare e diversa dalle altre, ma laddove la salute e le condizioni cliniche, psicologiche e sociali lo consentono, è importante la ripresa della frequentazione scolastica perché scuola non significa “solo” apprendimenti e valutazioni, ma anche e soprattutto crescita personale, socializzazione, confronto col gruppo dei pari.

I social media hanno reso possibile l’avvio di nuove e innovative attività commerciali oltre che nuove costruzioni a livello identitario.

Come ogni cambiamento, però, portano con sé aspetti ‘di fragilità’ da monitorare: ogni strumento di per sé utile, può essere usato anche in maniera patologica e/o non convenzionale.
L’utilizzo errato della “connessione” si colloca laddove diviene unica identità di quella persona. Ciò che ci deve connotare non dev’essere solo la storia di Instagram, un reel o dei passi di danza su Tiktok; se a tutto ciò uniamo anche altri interessi fatti di persone incontrate, luoghi visitati, appuntamenti dove presentarsi di persona, allora potremmo assaporare ed imparare a gestire la complessità ma anche la completezza di una sana quotidianità.

Bibliografia
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