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di: Dr.ssa Elena Spinelli

MEDICO PEDIATRA E PAZIENTI ADULTI, SSI FIBROSI CISTICA – AUSL DELLA ROMAGNA (CESENA)

“Sono depresso: sarà colpa della nuova cura?”

La depressione costituisce una comorbidità in Fibrosi Cistica (FC) frequente e degna d’attenzione: si stima che ne siano affetti dal 5 al 19% dei pazienti adolescenti e dal 13 al 29% dei pazienti adulti, con un’incidenza da 2 a 3 volte superiore a quella della popolazione generale.

Nonostante venga riportata nei pazienti in cura con (ETI), i dati che emergono dagli studi clinici e dai registri non mostrano un aumento dei sintomi depressivi nella popolazione con FC in cura con ETI, suggerendo quindi che non vi sia una relazione causale tra questa cura e tali disturbi.

D’altro canto, è esperienza di tutti i clinici che si occupano di FC quella di trovarsi di fronte a pazienti che hanno iniziato la cura con ETI e chiedono delucidazioni su sintomi neurologici-cognitivi “strani”, insorti poco dopo l’inizio della nuova cura: “annebbiamento mentale”, perdita di memoria a breve termine, difficoltà a trovare le parole, insonnia.

Capita anche che i genitori dei ragazzi in età scolare vengano contattati dagli insegnanti perché i figli improvvisamente mostrano difficoltà di attenzione e concentrazione, con ripercussioni sul rendimento scolastico. Se da un lato gli studi di fase 3 non hanno evidenziato effetti avversi di tipo neurologico né psichiatrico della cura con ETI, eccetto la cefalea, dall’altro lato troviamo numerose segnalazioni di questo tipo in letteratura.

Sappiamo che CFTR è espresso in modo ubiquitario nel sistema nervoso centrale e periferico nel periodo fetale e rimane espresso lungo l’asse ipotalamo-ipofisario in era post-natale.

Tuttavia, non è ancora chiara l’importanza di CFTR a tale livello: non
presentando i pazienti con FC difficoltà mentali, si ritiene che la disfunzione/assenza di CFTR a livello cerebrale sia compensata dall’attività di altri canali ionici.

D’altra parte, è fondamentale considerare che la salute mentale è inevitabilmente condizionata da molteplici fattori: se da un lato l’inizio delle nuove cure determina indubbiamente un miglioramento della qualità di vita dei pazienti, dall’altro possono insorgere sintomi d’ansia, legati ai cambiamenti della propria immagine corporea, della prospettiva di vita, nonché al timore che le nuove cure abbiano un’efficacia limitata nel tempo.

Di fronte a questi scenari, risulta (come sempre) fondamentale confrontarsi con l’equipe del proprio Centro FC di riferimento: l’analisi di ogni singolo caso andrà svolta in collaborazione tra Psicologo, clinici e tutto il personale che conosce da tempo il paziente, per comprendere al meglio l’origine dei disturbi riferiti e le possibili strategie per trattarli. In attesa di studi più completi, che forniscano maggiori informazioni sulla correlazione tra disturbi neuro-psicologici e le nuove terapie.

Bibliografia
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