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Parlare di scelte universitarie e lavorative significa, in primo luogo, sottolineare un topic connesso al ‘diventare’ grandi, adulti.

Ciò che maggiormente contraddistingue le malattie croniche da altre tipologie di patologie, è la temporalità; infatti, le persone che ne sono affette non hanno possibilità di guarigione tout court, ma sono poste in una condizione di convivenza con la stessa per l’intera durata della vita, cercando delle strategie medico-terapeutiche, personali e psicologiche per gestire la malattia e i suoi sintomi affinché si manifesti il meno invalidante possibile.

Scelte, vincoli, obblighi

Affrontare le scelte universitarie e lavorative è un percorso articolato e faticoso per tutti, tuttavia, per le persone affette da una patologia comporta ulteriori sfide e complessità e può, pertanto, risultare notevolmente più impegnativo a causa delle variabili coinvolte. Variabili che, se considerate e gestite, possono trasformare il processo da ‘subito’ a ‘scelto’, ovvero meditato. Punto cruciale della scelta è il poter coniugare desideri, aspettative, possibilità, opportunità e fattibilità.

Pur con un aspetto di eterogeneità, chi vive con la fibrosi cistica generalmente è informato, orientato, fortemente consapevole delle possibili limitazioni fisiche, delle terapie da effettuare e delle sfide alle quali è chiamato a rispondere quotidianamente. Tale aspetto, può indurre la persona a fare delle scelte che non rispondono esclusivamente al proprio interesse o alle proprie inclinazioni, ma che possono essere il frutto di complesse valutazioni legate alle difficoltà che caratterizzano le proprie giornate.

La scelta dev’essere frutto di un percorso di dialogo, informazioni e consapevolezza: le valutazioni di accessibilità del campus o il supporto fornito dall’Università, ad esempio e specialmente se lontana dalla propria abitazione, divengono strategici e utili per aiutare la persona a non incontrare ulteriori ostacoli e difficoltà durante l’impegnativo percorso universitario.

Scegliere è possibile: come per ogni scelta, nella vita, selezionare un’opzione significa, implicitamente, rinunciare ad altro.

 

Condividiamo l’esperienza di scelta di A., giovane paziente adulto di trent’anni: “È funesto a chi nasce il dì Natale” afferma il pastore errante di Leopardi.
A. racconta “di aver proseguito la sua vita mettendo un punto interrogativo alla fine della frase del recanatese” È nato negli anni ’90, periodo in cui non esisteva il percorso di screening neonatale e la diagnosi era posta in base ai sintomi che i bambini presentavano nei primi anni di vita o per ileo da meconio a pochi giorni dal parto. A. afferma di aver avuto genitori meravigliosi: un uomo e una donna di cui solo “si può sperare di emulare la mente, l’animo e lo spirito di vita”.
Seguito presso il Centro in Sicilia, del quale sottolinea la professionalità e la competenza dei sanitari, ricorda “di essere stato bene, male, qualche giorno stava peggio”. Nonostante l’aerosol la mattina presto, lo sport ‘a forza’ quando non ce la faceva, i viaggi rimandati per prendere l’ennesimo antibiotico, cresceva, studiava e ha continuato a studiare.

Si domanda “sono stato fortunato? Penso di sì. Me lo sono meritato?”. A questa domanda A. Non sa darsi una risposta. Ma cerca, ogni giorno, di meritarlo, continuando a studiare, nonostante i momenti di difficoltà. Da quando ha “iniziato a mettere insieme le lettere e a capire le parole, poi le frasi, poi i concetti”, A. ha studiato. Sapeva, più o meno consapevolmente, che studiare sarebbe stato l’unico modo, per lui, di capire sé stesso e il mondo, di crearsi un futuro seguendo il ‘suo sentire’, l’unica cosa che gli avrebbe permesso di rispondere ad una domanda che tutti i pazienti FC si sono fatti, secondo lui, almeno una volta nella vita: “perché a me?”.

Dopo gli studi classici A., un po’ per voglia di sapere, un po’ per ironia della sorte, ha iniziato l’università di Medicina sperando di capire meglio le implicazioni di tutto quello che si ” portava e porta dietro”. Da quando è stato male, per la prima volta nella sua vita, è arrivata una nuova cura ” molto è cambiato” ma A. era già “pronto” a non limitare le sue scelte e ha proseguito gli studi specializzandosi.

A. Utilizza la metafora per spiegare la sua visione: ” a scacchi dopo l’apertura, inizia il mediogioco, dove ogni mossa serve a portarsi un punto o anche un mezzo punto in vantaggio. Così da quel momento, ho iniziato ad osare di più. Specializzazione e lontano da casa mia, dall’ altro lato d’Italia, seguendo lo studio e l’amore della mia vita”. Appena arrivato a Torino, ha trovato un altro centro FC e “contemporaneamente sono uscite le nuove terapie”. 

A. Afferma: ” la fortuna aiuta gli audaci“. Beh , poi è arrivato il Covid…la storia la conosciamo. E adesso? A.  è diventato un medico di ruolo e ha una “famiglia da costruire con la sua compagna” .

Come lo affronterò?” si chiede A. Non lo sa ancora, ma “una cosa  è certa: quando arriverà il momento di prendere decisioni importanti, basterà mettersi a testa in giù. E tutto filerà liscio o meglio… si spera nel migliore modo possibile.

Una storia, quella di A. , a lieto fine, rispetto ai suoi desideri, oltre a un nuovo obbiettivo “di coppia e famiglia“.

Dopo tanto sacrificio , dopo tanta pianificazione, confronto e perseveranza un bel risultato. 

Studiare può facilitare la scelta in ambito lavorativo, ma … concluso il percorso di studi?
Occorre affrontare un’altra importante, ma stimolante, sfida: entrare in un contesto lavorativo. ‘Gareggiare’ per la propria autonomia, in primis, mentale. È una vera e propria transizione quella da ruolo di studente a quello di lavoratore.
Questa transizione coinvolge la persona su un piano identitario e svela dubbi, incertezze e complessità. Per i giovani affetti da una patologia cronica degenerativa, questo processo porta con sé un numero maggiore di difficoltà.
Utile e da sapere? Per la persona che entra in un contesto professionale è importante, fin dall’inizio della sua carriera, conoscere e ricercare alcuni ‘punti fermi’, come, ad esempio, che il contesto lavorativo scelto offra flessibilità negli orari, accessibilità fisica, confort e adattamenti sul posto di lavoro.
Il fine è il facilitare per il raggiungimento del mantenimento delle attività lavorative, nel lungo periodo, in modo sostenibile.
Fra i molti, il tipo di lavoro, l’investimento settimanale, il tipo di mansione, lo spostamento richiesto, in presenza o in smart-working, l’intraprendere un percorso imprenditoriale o di lavorare in modo autonomo devono essere valutati attentamente. Garantirsi una maggiore flessibilità nell’adattare l’ambiente di lavoro alle proprie esigenze specifiche non rappresenta una limitazione, ma una strategia funzionale e di funzionamento nel medio-lungo periodo.

L’era digitale ha aperto nuove possibilità e nuove opportunità: infatti, oggi, è possibile ricercare occasioni di lavoro, oltre a percorsi di formazione online che permettono alla persona di lavorare o seguire dei corsi da casa con il beneficio di una maggiore flessibilità, se necessario, nella gestione della malattia. La gestione di una patologia cronica richiede una consapevolezza continua delle proprie esigenze oltre che alla valutazione, nel qui ed ora, di ‘come mi sento, come sto’, oggi.
L’adattabilità, quindi, nel tempo diventa un aspetto cruciale, sia nelle scelte formative sia, e soprattutto, lavorative.
Nei periodi in cui l’intensità della manifestazione della malattia aumenta o una riacutizzazione, ad esempio, potrebbero richiedere dei cambiamenti, anche solo temporalmente determinati, nell’ambiente di lavoro o una riduzione degli impegni accademici. Partendo dalla situazione attuale, in Europa, i dati che riguardano la possibilità di trovare lavoro o di reinserirsi in un contesto lavorativo, non sono positivi e il tasso di disoccupazione per i malati cronici è il doppio rispetto al resto della popolazione economicamente attiva stime dell’OECD, (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) occorre, consapevolmente, effettuare scelte precoci per gestire problemi che potrebbero giungere in seguito.
Meritevole di approfondimento è l’aspetto connesso a tensioni psicologiche e, eventualmente, incertezza e timore, aspetti che frequentemente portano ad abbandonare il lavoro o, prima ancora, inclinazioni, desideri e sogni. Ulteriori difficoltà risiedono in stereotipi, in pregiudizi oltre che in dinamiche di discriminazione, con conseguenze negative in termini di difficoltà a comunicare il proprio stato di salute o la propria diagnosi. Spesso, poi, i datori di lavoro, e i consulenti del lavoro, sono disinformati riguardo a queste patologie e ai diritti in ambito lavorativo attuabili, per cui è fondamentale aumentare la consapevolezza e le informazioni sulle malattie croniche oltre al loro impatto in termini occupazionali. Essere informati, orientati e discutere di tali aspetti ha l’obiettivo di far intraprendere percorsi gratificanti e significativi.

Affrontare le scelte universitarie e lavorative con una patologia cronica degenerativa richiede un mix di conoscenza, accettazione, pianificazione e ricerca di opportunità inclusive al fine di affrontare nuove, e gratificanti, sfide, ovvero un futuro possibile. Ogni futuro, però, è possibile solo se si parte dal ‘now’, quindi dall’oggi. Un percorso di orientamento e di supporto psicologico possono svolgere ruoli fondamentali in questo processo. Il focus è di elaborare le emozioni legate alla diagnosi e a sviluppare strategie di adattamento funzionali e proattive con un approccio interdisciplinare teso al sostegno.

Bibliografia
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